Il periodo adolescenziale è un periodo associato sempre a termini come “ribellione”, “polemica”, “indipendenza”, “crisi” e ad altri ancora che conducono il pensiero ad una situazione di disagio. Quest’ultimo è dovuto a grandi cambiamenti, sia fisici che emotivi, dei ragazzi in questo momento della loro vita.
Jay Haley ha introdotto il concetto di “ciclo di vita della famiglia”, vale a dire un percorso scandito da “eventi critici” che “naturalmente” nel tempo si susseguono e che, una volta avvenuti, fanno entrare la famiglia in una nuova fase (1).
Ciascuno di questi eventi caratterizza un momento di transizione e la sua risoluzione permette di procedere con successo alla fase successiva. Ogni passaggio richiede, inoltre, una riorganizzazione della famiglia ed il raggiungimento per essa di un nuovo
equilibrio sulla base degli aggiustamenti nelle relazioni e nei ruoli dei suoi componenti. L’adolescenza, periodo stretto fra l’infanzia e l’età adulta, è senz’altro una tappa importante nella vita dei ragazzi e apre una nuova fase del ciclo di vita. I figli adolescenti, crescono, maturano, diventano persone nuove e i loro genitori
dovranno a loro volta maturare e cambiare in armonia con loro.
L’adolescente ha un ruolo ancora non definito, non più bambino e non ancora adulto. Non è facile stabilire quali siano i confini temporali di questa fase. Se è ormai ampiamente riconosciuto che la pubertà e i suoi cambiamenti fisiologici e psicologici ad essa connessi rappresentano l’inizio della fase adolescenziale, non vi è altrettanto consenso su quale evento possa rappresentarne la conclusione. Il momento che segna l’inizio dell’adolescenza è generalmente considerato lo sviluppo puberale. I cambiamenti fisici e corporei che esso comporta (comparsa dei
caratteri sessuali secondari come il seno e lo stabilizzarsi delle mestruazioni per le ragazze, o la peluria sul volto, il cambiamento del timbro di voce e le polluzioni per i ragazzi) sono irreversibili e testimoniano la fine di una condizione di bambino e l’inizio di nuove modalità di relazionarsi sul piano affettivo. Compito dei genitori è quello di aiutare i figli ad accettare i cambiamenti, a contenere le loro ansie e timori e a supportarli nei momenti di fragilità. Fino a qualche anno fa il raggiungimento della maggior età coincideva con l’ingresso del ragazzo nel mondo adulto.
Seguiva subito dopo l’ingresso nel mondo del lavoro e dopo qualche anno il matrimonio. La società è cambiata e l’adolescente vive oggi una situazione fortemente contraddittoria perché da una parte reclama indipendenza e autonomia dai propri genitori (scuola, amici, tempo libero, ecc) dall’altra né è ancora
dipendente (soprattutto dal punto di vista economico) e non può accedere ad altri ambiti quali lavoro, matrimonio, procreazione.
L’adolescenza si configura, quindi, come un periodo di estrema indeterminatezza, sospensione e attesa. Il prolungamento della scolarizzazione e le difficoltà a trovare un’occupazione stabile ben remunerata, sono fra i fattori sociali responsabili di questo status quo. Insomma, la fine dell’adolescenza non coincide più
con l’uscita di casa della persona, ma il ragazzo diventa un giovane
adulto rimanendo in casa e posticipando gli impegni che gli permetterebbero di condurre una vita matura affrancata dai genitori (2).
Il processo di separazione-individuazione dell’adolescente è un processo molto lungo e complesso e richiede che siano stati interiorizzati rapporti stabili e di fiducia tra i membri della famiglia. Il ragazzo comincia a sviluppare idee proprie, inizia a percepire più chiaramente difetti e virtù dei genitori. Li mette in discussione
continuamente. Comincia ad integrare nella propria personalità le caratteristiche genitoriali che lo possono aiutare nella strada per diventare adulto, mentre cerca di eliminare quelle che gli sembrano negative. La mente dell’adolescente vive un momento di maturazione; il ragazzo sente che deve costruire un suo personale modo di essere, di pensare, non sempre simile a quello della sua famiglia di origine. La famiglia, in questo stadio, dovrebbe cercare di raggiungere un equilibrio fra due compiti opposti: da un lato quello di favorire il cambiamento e lo svincolo
del loro figlio, dall’altro quello di essere un punto di riferimento stabile e affidabile, soprattutto nei momenti di difficoltà. Il rapporto genitori-figli, con la crescita non si interrompe ma si modifica per diventare un rapporto più maturo e paritario. Spesso, con la crescita dei figli, molti genitori si sentono abbandonati o messi
da parte (2).
Negli incontri che conduco con i genitori di ragazzi adolescenti, emerge spesso, dai loro discorsi e dalle loro domande tutta la frustrazione per non riuscire a comunicare in modo efficace con loro. Dicono spesso che i ragazzi a quest’età nemmeno ascoltano o peggio, ascoltano e poi rispondono male.
Questo mette in crisi quei genitori che sono insicuri e carenti di quella fermezza educativa necessaria. Finiscono spesso per vivere forti sensi di colpa e sentimenti di inadeguatezza vivendo di conseguenza, loro stessi una crisi forse più profonda dei
loro figli.
In questa fase della vita è fondamentale il ruolo dei fratelli. Sono un’importante risorsa emotiva. La relazione fra fratelli cresce e diventa una relazione di amicizia e confidenza. Una complicità importante per una più serena individuazione-separazione dai genitori. L’individuazione (inizia nell’adolescenza e si conclude
con il distacco fisico ed emotivo della persona dalla famiglia) sarà vissuta in modo diverso dalle diverse famiglie a seconda del valore e del significato che vi sarà attribuito. Se sarà vista come causa di un vuoto incolmabile che porterà solitudine e disperazione in chi rimane, sarà per l’adolescente una prospettiva da evitare o comunque carica di sensi di colpa. Egli vivrà infatti il distacco come un tradimento. Se invece i genitori vivranno l’individuazione come possibilità di evoluzione per il ragazzo e per la famiglia, allora sarà vissuta positivamente e si completerà in modo sereno. Un possibile effetto della crescita di un figlio potrebbe essere la nascita, in capo ai genitori, di preoccupazioni
che rispecchiano le loro difficoltà nell’accettare le modificazioni corporee connesse con la loro età matura. Per i genitori questa fase corrisponde, dal punto di vista individuale, ovvero anagrafico, all’età di mezzo e al relativo momento di transizione.
Anche loro, quindi, potrebbero attraversare una vera e propria crisi di identità che implica un grande processo di ristrutturazione. Nel proprio corpo, infatti, compaiono i primi segni di invecchiamento: crisi dell’adolescente e crisi dei genitori si sviluppano
in modo speculare. Per “aggirare” questo momento di difficoltà, alcuni genitori potrebbero rivivere la propria adolescenza nei figli cercando per sé nuove strade e realizzazioni personali attraverso nuovi legami affettivi. Altri genitori, inconsciamente, potrebbero ostacolare la crescita dei loro ragazzi per non affrontare l’angoscia
del cambiamento e favorire comportamenti regressivi di questi: se il figlio è ancora bambino anche loro saranno ancora giovani. Questa fase è particolarmente delicata per le donne, in quanto i figli non hanno più bisogno delle tipiche azioni legate
all’accudimento, alla custodia e al controllo.
Le mamme, in questi casi si possono sentire inutili e senza più una funzione precisa all’interno della famiglia. Inoltre, le coppie che in tutti gli anni precedenti sono rimaste unite avendo come unica motivazione l’esclusiva crescita della prole, possono, in
questa fase avvertire in venir meno dello stimolo a continuare a tenere unita la famiglia (2).
Se i singoli e la coppia riescono ad elaborare insieme questi sentimenti, potremo osservare un processo di ristrutturazione e un’evoluzione positiva verso nuove modalità di relazione; se ciò non avviene, le tensioni emotive ed il senso di insoddisfazione possono portare anche ad una crisi coniugale con eventuale rottura
del matrimonio. Possiamo dire che, l’evoluzione e la crescita dell’adolescente
è lo stimolo per l’evoluzione e la crescita della famiglia a cui appartiene; ragazzo e famiglia maturano insieme e la crescita dell’uno non può prescindere dalla crescita dell’altro (2).
Per tutto quanto detto sopra non è pensabile che, all’interno del lavoro di relazione d’aiuto con l’adolescente non vengano coinvolti tutti gli altri membri della famiglia.
“Si vince tutti o si perde tutti” (3).
Nei casi di disagio adolescenziale, spesso, un ottimo aiuto lo può dare il mediatore familiare. Quasi sempre, ciò che manca in queste famiglie è il dialogo e una buona comunicazione fra i loro membri. Il mediatore può aiutare sia i genitori che i ragazzi a sviluppare nuovi strumenti comunicativi, di ascolto e di empatia al fine di far acquisire nuove abilità per una gestione serena dei conflitti. L’incapacità di esprimere i propri sentimenti e i continui conflitti non ben gestiti alzano dei muri insormontabili fra i membri della famiglia. Un professionista terzo e neutrale può fornire loro la chiave per rimettere in moto il dialogo e la comprensione reciproca. Come abbiamo visto non è in “crisi” solo il ragazzo che sta crescendo ,ma spesso, contemporaneamente, sonotutti i componenti della sua famiglia vivere un periodo di cambiamento.
Nella lingua cinese l’ideogramma che rappresenta il concetto di” crisi ” si compone di due parti una ha il significato di ” pericolo” e l’altra di” oppotunità “. Disorientamento da un lato e possibilità di crescita dall’altro, rappresentano due modi diversi di vivere l’evento “critico”. Saremo noi a scegliere il modo migliore per affrontarlo.
Stefania Clemente
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